Una storia di coraggio e speranza che racconta il viaggio di un giovane dai territori “FATA” (Federal Administered Tribal Areas – le aree tribali dell’amministrazione federale pakistana, comprese tra il confine afghano e la Provincia Nord-occidentale, controllate dalle diverse tribù locali Pashtun) all’United World College (UWC). Un esempio – di successo – di come l’istruzione di qualità, rivolta ai più svantaggiati, sia la “chiave” di una svolta positiva e duratura nel tempo.
“Viviamo a circa 4- 5 km dal confine afgano” dice Zafar Ali. “Sono nato nel 1997 in Khyber Agency (Fata) e ho passato qui la mia infanzia. Mio padre è un camionista. Non passa molto tempo con noi, ma riesce a guadagnare abbastanza bene. Nessuno nella mia famiglia si è laureato e mia madre non è nemmeno andata a scuola. Ma io volevo studiare. Iniziai a frequentare una scuola molto umile, dove ci si sedeva per terra e non si disponeva di sufficienti strutture”. “Alcuni fatti negativi, come il terrorismo e problemi familiari vari, cominciarono a verificarsi nell’area, quindi ci trasferimmo a Karachi, considerata più tranquilla”. Lì trovai una buona scuola gestita da The Citizens Foundation – TCF. C’erano insegnanti brave e la scuola ci sosteneva economicamente. Quella scuola ha cambiato la mia vita così tanto che alla mia festa di addio nascosi un pugno di sabbia dal campo giochi. Ancora oggi conservo quella sabbia e l’uniforme scolastica.
“Nel 2013, mi sono diplomato a pieni voti e sono stato ammesso al DJ Science College” continua Zafar Ali, aggiungendo “Poi, mi parlarono di una borsa di studio presso il prestigioso United World College (UWC) a Singapore, ma quando quanta competizione ci fosse, mi spaventai. Le persone dovrebbero sognare ma non dovrebbero farlo troppo in grande. In ogni fase del processo selettivo, pensavo che non ce l’avrei fatta. Quando mi hanno detto che avevo vinto la borsa di studio, non ci potevo credere.”
“Dovevo fare richiesta per il visto per Singapore ma non avevo mai richiesto i miei documenti di viaggio prima di allora” confida “non avevo nemmeno un computer, internet o un telefono dal quale controllare le mail o imparare a come fare. Quindi ero solito prendere il bus per un’ora per recarmi in un internet cafe, dove stampavo i documenti e poi tornavo a casa un’altra ora per farli firmare. Rimanevo in coda negli uffici governativi con temperature altissime, da solo, poiché né mio padre né mia madre potevano guidarmi. Un giorno, andai alla polizia per richiedere un certificato ma mi dissero che ero un terrorista perché venivo da Fata. La mia richiesta di visto fu rifiutata”.
”I nostri sogni sono ancora troppo piccoli” racconta “I problemi continueranno a verificarsi sempre ma noi dobbiamo combattere proprio per la gioia che si prova quando si riesce a superarli. Quello che noi pensiamo sia il massimo che possiamo raggiungere nella vita è in realtà molto meno ambizioso di ciò che siamo davvero capaci di ottenere” afferma in inglese perfetto. Neppure il rifiuto del visto ha fermato Zafar, perché è riuscito ad essere ammesso in un altro campus dell’United World College (UWC) in Bosnia.
“Ho lavorato sodo per avere un’istruzione. Non credo di poter cambiare ogni
cosa, ma forse, posso almeno ispirare un giovane come me.”
Storia tratta da Tribune di M Bilal Lakhani
A cura di: Margherita di Clemente