Il 14 luglio si è celebrato il Malala Day, un omaggio alla giovanissima attivista pakistana Malala Yousafzai e a tutte le “Malala” che ogni giorno si battono per il diritto all’istruzione femminile.
La storia di Malala
Malala nasce il 12 luglio 1997 a Mingora, nel distretto di Swat a nord-ovest del Pakistan. I suoi genitori scelgono per la loro bambina il nome Malala, in onore della famosa eroina delle leggende Pashtun.
Suo padre, Ziauddin Yousafzai, gestisce una scuola pubblica ed è leader attivo nella promozione dell’educazione.
Nel 2009, Malala inizia a scrivere un blog anonimo per la BBC in cui denuncia le condizioni di vita e di istruzione del territorio in cui vive, minacciato dai talebani.
I talebani, infatti, hanno preso il controllo della zona vietando la televisione, la musica, e impedendo alle donne di uscire di casa e di andare a scuola.
In questo clima di paura e tensione, Malala e suo padre cominciano a ricevere intimidazioni e minacce di morte. Di conseguenza, Malala e suo padre cominciano a temere per la loro incolumità.
Dopo la chiusura del blog della BBC, Malala viene scelta come soggetto per un documentario realizzato per il New York Times e inizia ad essere conosciuta a livello internazionale. Viene inoltre rivelata la sua penna dietro al blog della BBC.
Nel 2011, riceve il National Youth Peace Prize e l’arcivescovo Desmond Tutu la nomina per l’International Children’s Peace Prize.
La grande attenzione che il pubblico le riserva e le sue continue critiche nei confronti dei talebani, portano i leader del movimento islamico a incontrarsi e, nel 2012, e a deliberare la sua morte.
Il 9 ottobre 2012, un uomo armato e con il volto coperto sale sullo scuolabus che sta portando Malala a scuola e la chiama per nome.
Con un solo proiettile, Malala viene colpita alla testa, al collo e alla spalla. Le sue condizione sono gravissime, ma riesce a sopravvivere.
Dopo le prime medicazioni, viene trasferita a Birmingham, Regno Unito, dove riceve ulteriori cure in un ospedale specializzato nel trattamento di lesioni da arma da fuoco. Viene dimessa il 3 gennaio 2013 e si trasferisce con la sua famiglia in una casa temporanea nel West Midlands. I medici riferiscono che si è salvata per miracolo.
Intanto, il gesto compiuto dai talebani riceve la condanna di tutto il mondo Pakistano. Oltre 2 milioni di persone firmano la campagna per il Diritto all’Educazione. La petizione contribuisce alla ratifica del primo progetto di legge sul diritto all’istruzione in Pakistan.
Ehsanullah Ehsan, principale portavoce dei talebani, rivendica la responsabilità dell’attacco, dicendo che Malala è un simbolo di infedeltà e oscenità. Ma altri esponenti religiosi si oppongono, emettendo un fatwa contro i leader talebani e affermando che non vi è alcuna giustificazione religiosa nel colpire una studentessa.
La violenza subita e il suo “no” nel rinunciare a diffondere il messaggio in credeva, hanno fatto di Malala un simbolo della condizione di milioni di bambini e soprattutto bambine di tutto il mondo a cui, ancora oggi, è negata l’istruzione.
Infatti, sono milioni le bambine a cui viene negata l’educazione a causa di fattori sociali, economici, giuridici e politici. E nel negargli l’istruzione, la società perde una delle sue risorse più grandi e forti.
Malala ha istitutito il Malala Day per far conoscere l’impatto sociale ed economico dell’istruzione femminile e per fare in modo che anche altre ragazze alzino la voce, liberino il loro potenziale e chiedano un cambiamento.
Il Malala Day è quindi un’opportunità per parlare di parità di sessi, di diritto di ogni bambino a un’istruzione e di come insieme possiamo tutti prendere posizione contro la violenza di genere.